Tribunale di Milano - Sezione IX civile - Ordinanza 29 ottobre 2013
La legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69), riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lgs. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (cd. mediazione ex officio). Trattandosi di una facoltà squisitamente processuale, la norma è applicabile anche ai procedimenti pendenti.
La previsione in esame, peraltro, prescinde dalla natura della controversia (e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria: art. 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010) e può ricadere, ad esempio, anche su una lite avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto.
La mediazione in esame - c.d. ex officio - che va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, - pena l’inefficacia della stessa -, è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Ovviamente, trattandosi di norme legata alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti — se tutte d’accordo — possono porvi deroga rivolgendosi con domanda congiunta ad altro organismo.
In appello la domanda deve essere presentata dalla parte appellante, ma ciò non esclude che ad attivarsi possa essere anche l’appellato, con l’ovvia conseguenza che se nella stessa circoscrizione vi sono più organismi di mediazione, questa deve essere svolta, come noto, dinanzi all’organismo adito per primo.
Nella vicenda in esame, rileva il giudice, la mediazione rappresenta la giusta soluzione allorquando le parti hanno già mostrato una pregressa volontà di chiudere stragiudizialmente la vicenda (vi era stato un precedente accordo), oppure il rapporto in contestazione riguarda questioni affettive che richiedono, proprio per la natura dei rapporti in gioco, una consapevolezza maggiore nel voler salvaguardare il rapporto esistente (la lite coinvolge ex coniugi e influisce indirettamente sui figli), od ancora, in presenza di questioni monetarie non importanti, per il cui valore sarebbe più opportuna una soluzione stragiudiziale anziché, per i maggior costi, giudiziale.
Tra l’altro, quando le questioni abbracciate dalla lite sono diverse, la mediazione offre al mediatore l’opportunità di spingere per un accordo che coinvolga tutte le vicende in contestazione, valutate nel loro complesso, mentre diversamente nel processo ordinario, ad ogni questione prospettata il giudice può accogliere o negare soltanto la soluzione richiesta, in virtù del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: è evidente, quindi, il risparmio di tempo, il guadagno economico e l’assenza di stress.
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