Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza del 23.12.2013.
L’ordinanza in commento rappresenta un decisivo passo in avanti verso il riconoscimento del ruolo determinante dell’avvocato all’interno della mediazione e delle responsabilità che esso assume verso il cliente con la sua condotta poco incline nel favorire la risoluzione conciliativa della lite. Nel caso in esame, il ricorrente promuoveva un atp nonostante la controparte avesse più volte tentato di risolvere la questione in via bonaria, riscontrando di contro solo condotte dilatorie. Preso atto della situazione, il giudice non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso, difettando il presupposto del periculum in mora e sottolineando un ulteriore aspetto decisivo anche per l’impatto dissuasivo che ne deriverà sulle future mediazioni: condanna il ricorrente al risarcimento del danno per lite temeraria. Secondo il giudice, infatti, anziché recepire l’invito della convenuta che avrebbe potuto condurre ad una soluzione del problema, la ricorrente ha preferito adire il Tribunale, in un’ottica conflittuale decisamente lontana dalla nuova prospettiva nella quale, anche alla luce della recente reintroduzione con il c.d. decreto del fare della mediazione obbligatoria, appare muoversi il legislatore negli ultimi tempi. Prospettiva, questa, che attribuisce al difensore un ruolo centrale, prima ancora che nel giudizio, nell’attività di mediazione delle controversie — al punto da prevedere, con le modifiche operate dal D.L. n. 69/2013 che gli avvocati siano di diritto mediatori e debbano assistere la parte nel procedimento di mediazione. Per tali ragioni ha così deciso di sanzionare, per lite temeraria, la condotta processuale tenuta dalla ricorrente, condannandola al risarcimento del danno.
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