Tribunale di Torino, 05.04.2023, sent. n. 1519, giudice Ester Marongiu
In una controversia in materia successoria, l’attore proponeva azione di riduzione verso i due coeredi, ritenendo di essere stato pretermesso anche a causa di un atto di compravendita della nuda proprietà di un immobile stipulato, in vita, da sua nonna – la de cuius- in favore di un’altra nipote, sua cugina.
L’attore dunque chiedeva al Tribunale
L’attore dunque chiedeva al Tribunale
- di accertare e dichiarare la simulazione del suddetto atto di compravendita per il prevalente spirito di liberalità che ne celava, a suo dire, una reale donazione;
- per l’effetto, di dichiarare l’invalidità della donazione per lesione della quota di legittima e condannare la cugina al pagamento in favore dello stesso della somma pari a un terzo del valore di mercato dell’immobile;
- di condannare un convenuto erede al versamento in favore dell’attore della somma pari a un terzo della somma rimanente sul conto corrente della de cuius alla apertura della successione, detratte le spese.
I due coeredi convenuti, si costituivano chiedendo, nel merito, il rigetto delle domande attoree perché infondate, ma eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità della domanda, visto il mancato previo esperimento della mediazione obbligatoria con riferimento al conto corrente caduto in successione.
Esprimendosi in sentenza su questo ultimo aspetto, il Tribunale di Torino riteneva infondata l’eccezione.
L’attore aveva regolarmente chiamato in mediazione i convenuti, depositando un’istanza che aveva per oggetto la domanda di riduzione, senza tuttavia specificare la domanda di restituzione della sua quota di spettanza delle somme presenti nel conto corrente.
La mediazione aveva evidentemente avuto esito negativo e, nella successiva causa, l’attore aveva specificato le domande poc’anzi illustrate.
Il Tribunale di Torino riteneva quindi che:
- la previsione dell’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2010 di dover includere nell’istanza di mediazione “l’oggetto e le ragioni della pretesa” andasse riferita al nucleo più significativo e rilevante della controversia e non alle domande accessorie che fossero poi emerse in giudizio;
- che il difetto della condizione di procedibilità, conseguente alla difformità tra l’oggetto e titolo dell’istanza di mediazione e quelli della successiva causa, sussistesse solo qualora la domanda giudiziale avesse un petitum più ampio di quello della domanda di mediazione, si fondasse su fatti costitutivi ulteriori rispetto a quelli dedotti nella fase stragiudiziale ovvero si basasse su differenti pretese;
- non occorresse quindi una perfetta simmetria tra istanza di mediazione e domanda giudiziale, essendo invece sufficiente che i fatti posti a fondamento della successiva domanda giudiziale fossero gli stessi enucleati nella domanda di mediazione, a nulla rilevando l’esatta qualificazione giuridica della vicenda (citando, a tal proposito, la sentenza di Cassazione n. 29333/2019)
Nel caso di specie, promuovendo il giudizio, l’attore aveva inserito una domanda di restituzione delle somme che erano già nella titolarità della de cuius, essendo versate nel conto corrente della stessa, articolando l’oggetto della lesione subita in qualità di legittimario, arricchendo quindi la domanda di riduzione già compiutamente individuata nell’istanza di mediazione, senza modificare la causa petendi e nemmeno il nucleo dei fatti storici posti a fondamento della stessa.
Per tutti questi motivi la Dott.ssa Ester Marongiu rigettava la eccezione di improcedibilità della domanda, ritenendo che non fosse stata alterata la corrispondenza tra l’oggetto e titolo dell’istanza di mediazione e quelli del giudizio di merito. ^
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