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Nelle mediazioni obbligatorie il Giudice può condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento di una somma di denaro che non superi le spese del giudizio.

Autore Sara Salmazo

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Tribunale di Napoli, 25.05.2023, sentenza n. 5398, giudice Estensore Marco Papa

Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di detenzione di immobile senza titolo, nella quale gli attori chiedevano la restituzione dell’immobile e il risarcimento del danno, mentre i convenuti chiedevano il rigetto delle domande di controparte.

Il Tribunale ha ritenuto accoglibili le domande formulate dagli attori, condannando parte convenuta al rimborso delle spese di lite e ad una ulteriore somma per responsabilità aggravata ex art. 96, terzo comma, c.p.c., precisando quanto segue:
  • il procedimento di rilascio dell’immobile occupato senza titolo è soggetto all’obbligatoria procedura di mediazione quale condizione di procedibilità ex art. 5 D. Lgs. 28/10, in quanto concernente materie quali quella locatizia e dei diritti reali;
  • ai sensi del nuovo art.12 bis comma 3 del D .Lgs.28/201, nei casi di mediazione obbligatoria, il giudice può condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte vittoriosa di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione;
  • si tratta di una sanzione pecuniaria liquidata a favore della parte vittoriosa in giudizio, forgiata sul modello di cui all'art. 96, comma 3, c.p.c. e volta a punire condotte ostruzionistiche e non collaborative della parte chiamata in mediazione, che risulti poi soccombente all'esito della lite. *
  • Avv. Sara Salmazo

    Padova

    Il diritto fa parte della mia vita fin da quando ho ricordi. Sono cresciuta in una famiglia di avvocati che mi ha sempre trasmesso la passione e l’interesse per il mestiere che esercito nel Foro di Padova dal 2012. Dopo la laurea ho svolto un’esperienza all’estero, in un grosso studio legale australiano, dove mi sono appassionata alle materie della Proprietà Intellettuale e del Diritto Industriale che ho trattato negli anni a venire, ricoprendo il ruolo di responsabile dell’ufficio legale di un importante gruppo editoriale milanese. Rientrata a Padova sono diventata avvocato e da allora mi occupo principalmente di diritto di famiglia, di questioni successorie e di materia locativa e condominiale. La mia idea di avvocato ideale è sempre stata quella di un professionista ben preparato nelle materie giuridiche ma con un forte interesse per l’umanità delle persone. Lo scopo che mi prefiggo nel mio lavoro è dunque quello di trovare soluzioni creative e personalizzate per risolvere i conflitti in modo concreto. Ho la fortuna di avere un carattere solare e socievole. Non c’è nulla di più naturale per me che ascoltare attentamente i miei clienti, cercando più spunti possibili per fornire un supporto professionale a misura della persona che ho di fronte. Il diritto può essere molto complicato per chi non lo conosce e difficile da digerire talvolta anche per chi lo macina dalla mattina alla sera. Ho sempre ritenuto che la mia missione fosse quella di spiegare in parole semplici e comprensibili la panoramica giuridica che meglio si adattava a risolvere il problema concreto. Fin dai primi anni di studio all’università ero rimasta perplessa riguardo ad alcuni dettati normativi che non mi parevano tener conto degli aspetti umani delle persone. Confrontatami a tal riguardo con mio padre, ho ricevuto un insegnamento del quale ho sempre fatto tesoro svolgendo la mia professione: non sempre ciò che è giusto è equo. Questo è il motivo per il quale mi sono determinata a diventare mediatrice: per rispettare la giustizia potendo però dare risalto all’equità. Credo che l’istituto della mediazione sia lo strumento più adatto per veder tutelati in breve tempo e con modesti esborsi di denaro non solo i diritti ma soprattutto i bisogni, i sentimenti e, perché no, i sogni delle persone.

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