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L’ordinamento riconosce l’interesse, sottostante al negozio conciliativo dichiarativo dei presupposti dell’usucapione meritevole di tutela anche per le conciliazioni concluse nel periodo antecedente l`introduzione della norma prevista dal n. 12 bis dell`art. 2643 c.c. L’accordo conciliativo non è opponibile al terzo acquirente estraneo a un tale negozio.

Autore News 101

19 05m 24

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Cassazione, Sez. II, 23.11.2023, sentenza n. 32620, consigliere relatore Giuseppe Grasso

M nel 2011 convenne in giudizio MT perché fosse accertato il proprio diritto di proprietà per usucapione d’un immobile che l’attore assumeva di avere posseduto “uti dominus” sin dall’1/3/1991, per avergli la proprietaria trasferito il possesso, avendo deciso di venderglielo.
La convenuta aveva resistito alla domanda eccependo che l’attore, dopo avere stipulato con la medesima un contratto preliminare di compravendita il 22/10/1992, era venuto meno all’obbligo di corrispondere il corrispettivo pattuito di € 340.000,00.
All’esito dell’esperito tentativo di mediazione (sollecitato dal Tribunale), le parti rilasciarono precisazione delle conclusioni congiunta, con la quale dichiararono essere rimasto accertato l’usucapione dell’attore, salvo l’obbligo per costui di rimborsare le somme corrisposte per ICI dalla convenuta.
L’adito Tribunale rigettò la domanda spiegando che in sede conciliativa le parti avrebbero potuto accertare la sussistenza del possesso “ad usucapionem”, ma non dichiarare l’effetto giuridico consistito nell’usucapione, nella specie non verificatosi, versandosi in ipotesi di detenzione, derivante dalla consegna anticipata del bene in virtù del contratto preliminare.
 
Avverso tale sentenza veniva proposto appello avanti alla Corte d’appello di Roma, nel contraddittorio con l’interveniente (terzo acquirente), che veniva rigettato sulla base delle seguenti considerazioni:
 
- L’usucapione deve necessariamente essere accertata dal giudice, non trattandosi di diritto disponibile, costituendo acquisto a titolo originario, estraneo, pertanto, alle finalità del procedimento di mediazione e conciliazione, circoscritta solo ai “diritti disponibili”, ai sensi dell’art. 2, d. lgs. n. 28/2010;
- poiché la consegna era stata effettuata in epoca (marzo 1991) antecedente alla stipula del contratto preliminare (ottobre 1992), e quindi, quanto meno da quest’ultima data, si era trattato di una mera detenzione qualificata.
 
Avverso tale sentenza l’originario attore M proponeva ricorso per cassazione e l’interveniente (il terzo acquirente) controricorso.
Il ricorso, nel suo insieme viene rigettato, ma con diversa motivazione, correggendo la motivazione della Corte d’appello e dando atto delle dispute dottrinarie e i contrasti giurisprudenziali sull’ammissibilità del negozio d’accertamento, su cui la Corte qui non prende specifica posizione.
La Corte ricorda che con il d.l. n. 69/2013 venne introdotto il n. 12bis all’art. 2643 cod. civ., il quale prescrive la pubblicità mediante trascrizione degli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.
La domanda giudiziale venne proposta nel 2011, quindi prima dell’entrata in vigore del n. 12bis dell’art. 2643 cod. civ. e proprio al fine, come evidenziato dallo stesso ricorrente, di ovviare al prevalente indirizzo giurisprudenziale che negava la trascrivibilità dell’accordo conciliativo mediante il quale vengono riconosciuti sussistere i presupposti per l’usucapione. Poiché al tempo della domanda non era stato ancora introdotto il n. 12bis all’art. 2643 cod. civ. l’accordo non fu trascritto e, di conseguenza, non occorre ragionare sull’effetto di una tale trascrizione.
 
L’affermazione della Corte di Roma secondo cui la maturazione dell’usucapione deve essere necessariamente accertata in sede giudiziale non viene condivisa per due ordini di ragioni.
 
-Secondo un orientamento consolidato (Cass. nn. 7853/2018, 2485/2007) colui che reputi di essere divenuto proprietario per usucapione può, spendendo una tale qualità, disporre del bene, anche mediante atto notarile, non affetto, pertanto, da nullità per tale ragione, fermo restando, ovviamente, la responsabilità nei confronti dell’acquirente, ove l’affermazione dell’acquisto a titolo originario venga a risultare insussistente e quella (anche disciplinare) del notaio rogante ove sia venuto meno all’obbligo di informare adeguatamente l’acquirente del rischio di un siffatto acquisto (Cass. nn. 32147/2018, 7485/2007 cit.).
 
-Inoltre l’interesse, sottostante al negozio conciliativo dichiarativo dei presupposti dell’usucapione, è meritevole di tutela. È irrilevante che la norma è stata introdotta in epoca successiva all’accordo conciliativo. L’interprete deve tener conto del complessivo assetto ordinamentale vigente. Né ha significato dirimente la regola della non retroattività della legge (art. 11 delle preleggi): qui non è in gioco l’applicazione di un istituto generato da una legge posteriore, bensì si tratta di ricostruire il complessivo sistema ordinamentale apprezzando, nel loro insieme, i “mattoni” significanti.
 
La domanda e, di conseguenza il ricorso, non meritano di essere accolti per altre ragioni.
 
Così come l’alienazione, il cui titolo sia costituito dall’affermazione del venditore di essere divenuto proprietario a titolo originario per usucapione, sia pure trascritta, non resiste alla legittima pretesa del titolare che risulti di non avere perduto la proprietà per usucapione, allo stesso modo l’accordo conciliativo non può frustrare il diritto del terzo acquirente estraneo a un tale negozio.
La soluzione opposta presterebbe il fianco ad agevoli manovre fraudolente ai danni del terzo acquirente, ancor più probabili ove l’usucapito, gravato di debiti, abbia in corso procedura espropriativa, come nel caso. Le spese vengono compensate in virtù della complessità e, in parte novità, delle questioni affrontate°.
  • Avv. News 101

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